Sindrome del cuore spezzato

20200721_1420053721696532984242290.jpgShakespeare, D’Annunzio, Dickinson, Catullo, questi sono solo alcuni degli scrittori che ci hanno deliziato e commosso, a volte travolto, raccontandoci di relazioni d’amore strazianti e sconvolgenti…da “crepacuore”. Spesso nella vita quotidiana ci siamo chiesti o abbiamo sentito amiche/i chiedersi se dopo una importante rottura quel crack che sentiamo nel cuore fosse solo un’impressione. Beh, in realtà esiste una sindrome del cuore infranto che ha un nome (Tako-tsubo dal nome del vaso giapponese usato per la pesca dei polpi la cui forma arrotondata è simile a quella che assume l’apice del miocardio) e ha una collocazione formale tra le patologie cardiache delle donne. Questa cardiomiopatia femminile è  caratterizzata da “disfunzione sistolica regionale acuta del ventricolo sinistro, frequentemente correlata a stress psicofisico acuto, e generalmente reversibile”. Tendenzialmente si innesca quando la persona ha un forte lutto emotivo che può essere gestito abilmente affrontando l’idea che la relazione sia finita piuttosto che sperare o negare che sia accaduto in maniera definitiva. La terapia maggiormente autosomministrata dalle persone è “chiodo schiaccia chiodo”, ma in questo modo il cuore spezzato verrà solo temporaneamente rincollato…come se si mettesse un cerotto sopra una brutta e profonda ferita piuttosto che curarla con una sutura che favorirebbe la cicatrizzazione della ferita stessa.

Dr. Marchelle Marco

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Rimanere svegli la notte non è arte da poco a tal fine bisogna rimanere svegli tutto il giorno.

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In modo sarcastico si descrive con la frase sopra l’insonnia e chiunque l’abbia incontrata sa quanto possa essere fastidiosa e a volte limitante e sfiancante. In questo articolo con la parola insonnia facciamo riferimento a quella cronica ovvero quella che ricopre un lungo periodo di tempo fino a divenire una vera e propria cattiva abitudine; ne esistono 3 tipologie:

  • iniziale o di addormentamento ovvero difficoltà a prendere sonno
  • centrale o di mantenimento ovvero con risvegli notturni
  • insonnia terminale o da risveglio precoce

Una volta escluse le cause organiche (disturbi digestivi, cardiovascolari, malattie neurologiche) rimangono quelle psicologiche che in definitiva possono essere la causa iniziale dell’insonnia ma non del suo perdurare. Nel senso che a seguito di un qualsiasi evento psicologico si può cominciare a familiarizzare con l’insonnia, ma nel lungo periodo spesso l’evento che l’ha causata passa in secondo piano e sopraggiungono in seguito alla paura di non dormire e al suo pensiero costante una serie di meccanismi di controllo per obbligarci a dormire: più me lo impongo e meno ci riesco. Allora iniziamo con l’affidarci al cellulare, una puntata di una serie tv, una lettura di qualche pagina di un libro iniziato, un pò di musica, ecc… e poi di nuovo testa sul cuscino e anzichè dormire ripartono i pensieri, invece di rilassarci parte uno stato di agitazione psico-fisica e più ci imponiamo di dormire e meno ci riusciamo. Qui le possibilità sono 2 o ci alziamo stremati perchè la sveglia incombe e ci ricorda che la giornata è iniziata oppure se non abbiamo l’obbligo della sveglia presto inizieremo ad invertire il giorno con la notte. La prima cosa che si fa è ricorrere a erbe o farmaci ma non risultano risolutivi per molti casi e allora si continuano a mettere in atto tutta una serie di addattamenti per sconfiggere l’insonnia come ritardare l’orario di riposo notturno, evitare o imporsi il riposino pomeridiano e quanto sopra descritto. Una buona terapia che voglia risolvere le problematiche fin qui descritte, verte proprio sullo sbloccare i meccanismi di azione e di pensiero che inevitabilmente intrappolano la persona ad un’apparente veglia eterna o leggermente interrotta da micro-sonnellini. Con la psicoterapia breve strategica nella stragrande maggioranza dei casi queste situazioni vengono sbloccate sin dalle prime sedute del trattamento.

Dr. Marchelle Marco

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ATTACCHI DI PANICO: conoscerli e superarli

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IL PARADOSSO DELL’IGNORANTE

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Qualche volta ci sarà capitato di chiederci “perchè quella persona così ignorante è convinta di avere ragione?” Prima di rispondere a questa domanda e quindi capire in cosa consiste il paradosso dell’ignoranza, dobbiamo capire cos’è un bias. Un bias è un pregiudizio cognitivo ovvero una distorsione della capacità di valutazione basata su proprie convinzioni, ideologie che alla base hanno informazioni esigue e/o inadeguate; sulla base di queste informazioni inadeguate (fake mentali) basiamo le nostre intuizioni e ragionamenti e giungiamo a conclusioni di cui siamo fortemente convinti. Uno dei più interessanti fra questi bias è sicuramente quello definito effetto Dunning-Kruger pubblicato per la prima volta nel 1999 e descritto dai due autori David Dunning e Justin Kruger della Cornell University. In cosa consiste questo effetto? Continua a leggere “IL PARADOSSO DELL’IGNORANTE”

ATTACCHI DI PANICO: conoscerli e superarli

Gli attacchi di panico sono un disturbo molto diffuso, tanto che quasi tutti ne hanno sentito parlare. Le caratteristiche sono altrettanto note da chi ne è stato travolto: elevata sudorazione, tachicardia, brividi di freddo o vampate di calore, giramenti di testa, gambe “molli”, il tutto accompagnato dalla paura di morire, svenire, stare male o di  perdere il controllo, di impazzire. Molto spesso questi sintomi vengono riconosciuti come allarme di qualche tipo di malessere fisico e portano la persona a rivolgersi al medico o al pronto soccorso. Gli attacchi di panico possono manifestarsi in situazioni del tutto inaspettate e senza nessun motivo apparente ed è per questo che le persone possono sviluppare una continua preoccupazione legata al pensiero che l’attacco di panico possa colpirli da un momento all’altro. Oppure in situazioni specifiche temute: spazi chiusi (aerei, ascensori) piazze troppo grandi, luoghi affollati, strade a scorrimento con lunghi tratti senza svincoli, strade strette o troppo larghe, ecc... in virtù di queste paure le persone sviluppano, costruiscono dei comportamenti per evitare la paura. Ad esempio se il panico è imprevedibile la persona tenderà a ridurre al minimo i comportamenti che lui percepisce come potenzialmente pericolosi come l’esercizio fisico che crea alterazione cardiaca. Se invece il panico è imprevedibile la persona tenderà ad andare in luoghi conosciuti e con persone che la proteggano e che siano pronte ad intervenire in caso di malessere. A questo punto potremmo domandarci “è possibile venirne fuori?” A questa domanda possiamo dare una risposta affermativa. LA TERAPIA BREVE STRATEGICA  (clicca per saperne di più) presenta un tasso di efficacia pari al 95% (clicca per vedere le statistiche) per quanto riguarda i disturbi legati all’ansia e alle fobie e quindi anche all’attacco di panico. Utilizza un protocollo specifico perfezionato in oltre 30 anni di esperienza, dove tutte le fasi da affrontare sono studiate e le singole tecniche adattate al singolo caso. Prima di vedere in sintesi le fasi del protocollo è bene sfatare un mito sugli attacchi di panico ovvero non esiste necessariamente un trauma che lo ha scatenato (può capitare come nei casi in ci si è avuto un incidente, una violenza ecc…) e che dobbiamo andare a ricercare scavando nel passato. Detto ciò, nella consulenza ad approccio strategico inizialmente si guida la persona ad osservare e comprendere quali comportamenti hanno peggiorato il problema invece di migliorarlo. Uno di questi comportamenti ad esempio è quello di cercare di controllare le proprie reazioni fisiologiche come il battito cardiaco o la respirazione che fisiologicamente sono autoregolanti e proprio per questo il tentativo di controllarle porta spesso alla loro alterazione. Poi attraverso strategie e tecniche appositamente studiate la persona comincia a mettere in pratica degli atteggiamenti funzionali che invertono la rotta della sensazione di paura, trasformandola in coraggio. A questo punto si guida la persona ad affrontare tutte le situazioni che da tempo ormai evitava.

Dr. Marchelle Marco

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ANGOSCIA DA CORONAVIRUS: come gestirla

Rispetto alla confusione iniziale, ora la direzione da seguire è molto più definita: dobbiamo stare a casa. Ma la cosa non necessariamente fa svanire quella fastidiosa e a volte insostenibile sensazione negativa: l’angoscia! Con questa parola definiamo lo stato emotivo che in questa emergenza psicologica stiamo attraversando: è caratterizzato da una sensazione di impotenza e di forte apprensione che ci fa sentire come se stessimo combattendo contro un nemico invisibile che non conosciamo e di cui non sappiamo la portata esatta della potenza. Di fronte agli eventi che non riusciamo a comprendere adottiamo un modalità legata al controllo, che in altre circostanze può risultare efficace, ma quando il nemico è incontrollabile subentra l’angoscia. Ed è qui che mettiamo in atto una serie di azioni e pensieri che invece di farci sentire meglio ci fanno sprofondare ancora di più nell’angoscia:

  1. cerchiamo informazioni in modo frequente alla ricerca di una rassicurazione che non arriva mai, perchè non si trovano risposte certe
  2. ne parliamo con chi ci è intorno trattandolo come se fosse l’argomento cardine della nostra giornata e i tuoi pensieri e comportamenti saranno guidati da questo

Abbiamo però un margine di controllo, si può reagire diversamente e in maniera funzionale per affrontare al meglio l’emergenza. Ad esempio possiamo concederci in uno spazio e un tempo predefinito le nostre angosce, esatto proprio loro! Non le possiamo scacciare e distruggere hanno un valore funzionale adattivo nel senso che a livello lieve e moderato l’angoscia ci aiuta a reagire all’emergenza in maniera preventiva magari portandoci a seguire attentamente le indicazioni del Ministero della Salute. E’ solo quando il livello dell’angoscia diviene più elevato che va gestito come descritto sopra. E’ dunque con una costante attenzione alle indicazioni basilari del Ministero della Salute e una adeguata gestione dell’angoscia che supereremo questo momento.

Dr. Marchelle Marco

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ALT! rallentare il circolo vizioso dell’ansia in QUARANTENA con 3 strategie:
✔️ Evitare di parlare continuamente del problema coronavirus, ma dedicare all’argomento solo 30 minuti al giorno
✔️ Evitare la ricerca di continue informazioni ovunque, ma circoscrivere la ricerca la mattina o la sera per non più di 29 minuti
✔️ Evitare di andare a dormire senza aver fatto almeno 2 cose piacevoli (per quanto la situazione lo permetta) durante la giornata

Dr. Marchelle Marco

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Ultimamente mi trovo a dover rispondere alle domande: “è bene scherzare su questa epidemia? sono giusti i meme, post, vignette che imperversano sui social e vengono maniacalmente condivisi? Se ci rido su è corretto? A volte può essere utile osservare le nostre reazioni emotive per capirlo, ma non è questo il caso infatti se ci rido su può capitare che mi senta anche in colpa (sensazione sgradevole) dopo averlo fatto oppure può accadere che mi erga a giudice e non li condivida e che esprima o no il mio dissenso. La sensazione che mi rimane

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Un consiglio per coppie in crisi

Un consiglio su come risorgere dalle ceneri in una relazione amorosa 

Se una relazione sembra destinata a cessare ma non vogliamo mollare, sappiate che c’è un modo per iniziare a far girare le cose nel senso opposto di come hanno girato fino a quel momento. Servirà “solo” una buona apertura mentale e la voglia di far funzionare il rapporto. Tranquilli non è questo il consiglio per far funzionare le cose, semmai questi sono i mezzi che ci occorrono. Nella descrizione che segue ho usato il pronome personale maschile, ma il tutto è applicabile anche al femminile ovviamente. Andiamo al punto: Continua a leggere “Un consiglio per coppie in crisi”

LE COMPULSIONI E IL PICCIONE

Il video è tratto da un film che mostra un esperimento del 1947 di un noto psicologo americano Skinner. Le riflessioni dopo la visione del video possono essere prevalentemente di tipo scientifico, ma se proviamo ad immaginare di rivedere solo il comportamento del piccione senza il commento e la spiegazione: come interpreteremmo i comportamenti del piccione? Vedremo un forsenato battito di ali del piccione, il volteggiare in senso orario, lo spingere la testa sullo stesso angolo della gabbia…ecco, presi da soli questi comportamenti, sembrerebbero folli o quantomeno bizzarri? Ma se li colleghiamo alla comparsa del cibo tutto assume un nuovo significato: il piccione con i suoi comportamenti vuole propiziare la comparsa del cibo! E per noi esseri umani come funziona? Anche noi tendiamo a cercare di capire quale gesto può essere più o meno utile o deve essere evitato per il proseguimento di una una buona giornata: l’attraversamento di un gatto nero sulla nostra strada, far cadere del sale, rompere uno specchio…ecco, loro sono da evitare. L’uso di gesti scaramantici in maniera occasionale non è dunque in sè per sè patologico o sinonimo di stupidità, ma se questi gesti o pensieri sfuggono al nostro controllo e ci fanno sentire obbligati a compierli più e più volte perchè ci rassicurano, propiziano favorevolmente gli eventi, oppure sedano la nostra ansia lì per lì, allora abbiamo un problema che ci blocca e ci ingabbia proprio come il piccione di Skinner; questo problema in Psicologia è definito DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO.

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PAURA: attacco o fuga?

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Sentire il proprio battito cardiaco aumentare a dismisura, la propria sudorazione aumentare copiosamente, avvertire dei giramenti di testa, avere paura di sentirsi male in qualsiasi momento o in situazioni temute, crea in noi una forte tensione e un senso di paura sempre maggiore. Il senso comune ci spinge a pensare che se ci sfoghiamo, se ci confidiamo con gli altri rispetto al nostro problema, stiamo meglio. Purtroppo la paura

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