Shakespeare, D’Annunzio, Dickinson, Catullo, questi sono solo alcuni degli scrittori che ci hanno deliziato e commosso, a volte travolto, raccontandoci di relazioni d’amore strazianti e sconvolgenti…da “crepacuore”. Spesso nella vita quotidiana ci siamo chiesti o abbiamo sentito amiche/i chiedersi se dopo una importante rottura quel crack che sentiamo nel cuore fosse solo un’impressione. Beh, in realtà esiste una sindrome del cuore infranto che ha un nome (Tako-tsubo dal nome del vaso giapponese usato per la pesca dei polpi la cui forma arrotondata è simile a quella che assume l’apice del miocardio) e ha una collocazione formale tra le patologie cardiache delle donne. Questa cardiomiopatia femminile è caratterizzata da “disfunzione sistolica regionale acuta del ventricolo sinistro, frequentemente correlata a stress psicofisico acuto, e generalmente reversibile”. Tendenzialmente si innesca quando la persona ha un forte lutto emotivo che può essere gestito abilmente affrontando l’idea che la relazione sia finita piuttosto che sperare o negare che sia accaduto in maniera definitiva. La terapia maggiormente autosomministrata dalle persone è “chiodo schiaccia chiodo”, ma in questo modo il cuore spezzato verrà solo temporaneamente rincollato…come se si mettesse un cerotto sopra una brutta e profonda ferita piuttosto che curarla con una sutura che favorirebbe la cicatrizzazione della ferita stessa.
Un consiglio per coppie in crisi